giovedì 20 settembre 2012

L'Imposizione delle Mani - Parte 1


Con questo post voglio divulgare e cercare di far comprendere alle persone il senso di questo gesto antico.
Rimando comunque la lettura approfondita degli "Atti degli Apostoli" perché all'interno di quel testo è possibile capire meglio come veniva gestito da Gesù in persona.
Per comprendere il significato cristiano di questo gesto è importante scoprire il significato che esso ha nella Bibbia. Se ne parla spesso nell'Antico Testamento. 
Alcuni significati che ad esso vengono attribuiti sono legati al culto, altri a tradizioni culturali.
In questo senso abbiamo un’imposizione delle mani che potremo definire di identificazione, tendente cioè ad esprimersi ed a riconoscersi ad un’altra realtà simbolica – adoperata soprattutto nella liturgia sacrificale, nella quale, imponendo le mani ad una vittima s’intendeva quasi caricarla dei propri sentimenti interiori (fossero essi di rendimento di grazie, di pentimento o di adorazione) p.es. nel rito del capro espiatorio. (conf. Lv 16,21-22; Es 29 10; ecc).
Altro significato di questo gesto è la trasmissione di poteri, quasi una messa a parte di qualcuno per una speciale missione. Mosè pone ad esempio la sua mano su Giosuè per farne il proprio successore (conf. Nm 27, 18-20; Dt 34, 9).
Per mezzo di questo gesto si consacrano al Signore i leviti: essi venivano offerti a Dio per appartenergli come un’offerta sacra proprio per l’imposizione delle mani; vedi ad esempio Nm 8, 10-14: qui più che conferimento di un potere il gesto vuol significare una particolare consacrazione a Dio e al suo servizio.
Il gesto può significare anche una benedizione speciale: Giacobbe pone la mano destra su Efraim e la sinistra su Manasse per benedirli (conf. Gen 48,14).
Anche nel Nuovo Testamento questo gesto è abbastanza frequente e il suo significato dipende dal contesto in cui avviene. 
Anzitutto può significare la trasmissione di una benedizione, invocando la benevolenza di Dio su chi la riceve. 
Il Signore Gesù imponeva le mani sui bambini, pregando per loro 
(conf. Mt 19, 13-15: Nel testo parallelo Marco sottolinea il contatto fisico «Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse» (Mc 10,13-16). L’imposizione, dunque, era anche contatto fisico).
Molto spesso il gesto è accompagnato dall’idea e dalla realtà di una guarigione. 

Giairo chiede a Gesù: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva» (Mc 5,23). 

Gli presentano il sordomuto «pregando di imporgli le mani» (Mc 7,32); 

gli conducono il cieco di Betsaida «...pregando di toccarlo. 
Allora... gli impose le mani... sugli occhi ed egli ci vide chiaramente...» (Mc 8,22-25). 

Era il gesto più ripetuto nelle guarigioni: «tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva» (Lc 4,40).

L’espressività del segno si prolunga anche nell’incarico di Gesù ai suoi discepoli: «...imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,18). Anche Paolo, dopo la visione del Signore sulla strada per Damasco viene guarito da Anania precisamente con l’imposizione delle mani (conf. At 9,17). 
E poi a sua volta anche lui guarirà i malati imponendo le mani (conf. At 28, 8-9). 
Imporre le mani sul capo di una persona significa anche invocare e trasmettere su di lei il dono dello Spirito santo per una determinata missione.
È così con i battezzati di Samaria, che ricevono la visita degli apostoli per completare la loro iniziazione cristiana (conf. At 8,17). 
Lo stesso per i discepoli di Efeso «E non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo» (At 19,6).
Ma anche a coloro che sono stati scelti per il ministero di diaconi nella comunità primitiva vengono imposte loro le mani come segno di una missione speciale (conf. At 6,6). 
Paolo e Barnaba sono scelti e mandati dalla comunità a una nuova missione apostolica. È un momento importante nella storia della comunità. 
Il gesto è espressivo: «Dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono» (At 13,3). 
Paolo si ricorderà di questo momento e scriverà a Timoteo dell’importanza di quel gesto sacramentale che sta alla radice della sua missione (conf. 1Tm 4,14).

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